La psicoterapia può indurre neuroplasticità, promuovendo cambiamenti strutturali, funzionali e neurochimici
Emotività negativa e cambiamenti cerebrali
Nel momento in cui
ci ritroviamo inghiottiti da pensieri negativi accompagnati da intense emozioni
negative è molto probabile che vi sia un’iper-attivazione delle aree cerebrali
che fanno parte del cosiddetto sistema limbico, tra cui l’amigdala, la famosa
regione del nostro cervello a forma di mandorla che è coinvolta nella
regolazione delle emozioni.
Alcuni studi
evidenziano che gli psicofarmaci, come ad esempio gli antidepressivi utili
nell’affrontare i sintomi ansioso-depressivi, sono anche in grado di modificare
i correlati neurali nelle risposte allo stress che accompagnano spesso
depressione e ansia.
Ad esempio,
l’escitalopram, un farmaco SSRI sarebbe in grado di modulare l’attivazione
dell’asse ipotalamo-ipofisi surrene (HPA axis), di inibire la secrezione
dell’ormone di rilascio della corticotropina a livello del nucleo centrale
dell’amigdala e di aumentare la densità dei recettori dei glucocorticoidi
nell’ippocampo e nell’ipotalamo (Tafet, Nemeroff, 2020).
Anche la psicoterapia può apportare cambiamenti a livello cerebrale?
Ma cosa succede con
la psicoterapia? Anche La psicoterapia può apportare cambiamenti a livello
cerebrale?
Al di là degli
indubbi effetti benefici della psicoterapia nel trattare i sintomi
psicopatologici che caratterizzano diversi disturbi psichici, la psicoterapia
può indurre anche neuroplasticità e cambiamenti cerebrali, promuovendo
cambiamenti strutturali, funzionali e neurochimici nel cervello (Cozolino,
2017).
Secondo la review
di Barsaglini e colleghi (Barsaglini et al., et al. 2014), la psicoterapia, a
seconda dei diversi disturbi trattati, favorirebbe sia una normalizzazione di
pattern anomali di attivazione cerebrale sia il coinvolgimento di nuove e
alternative aree cerebrali, non presenti prima del trattamento di specifici
disturbi psichici.
Similmente la
review di Brooks e Stein (2015) ha analizzato 19 studi che hanno studiato i
correlati neurali di interventi di psicoterapia cognitivo-comportamentale (per
un totale di circa 500 pazienti); dai risultati è emerso che la psicoterapia
cognitivo-comportamentale agisce favorendo l’inibizione delle strutture subcorticali
iper-attivate attraverso il coinvolgimento delle aree corticali prefrontali
(feedback inibitorio).
Uno studio di
Beutel e colleghi (2010) ha dimostrato che in pazienti con disturbo da attacchi
di panico, la diminuzione dei livelli di ansia a seguito del trattamento
psicoterapico cognitivo-comportamentale era associata a una normalizzazione dei
pattern di attivazione a livello del circuito fronto-limbico nelle zone
frontali e dell’amigdala.
Molti tipi di
psicoterapia tentano di migliorare le capacità di regolazione degli stati
emotivi, di problem-solving e di riflessione sulla rappresentazione del sé e
sui propri stati interni. Tra le aree cerebrali chiave per queste competenze
ritroviamo la corteccia prefrontale dorsolaterale, la corteccia cingolata
anteriore ventrale e dorsale, le subregioni ventrali e dorsali della corteccia
prefrontale mediale, il precuneo, l’insula, l’amigdala e la corteccia
prefrontale ventromediale (per una review, si veda Frewen et al. 2008)
Ma come fa la psicoterapia a riprogrammare il cervello?
Promuovere una
migliore regolazione delle emozioni e degli stati interni attraverso la
psicoterapia si accompagna dunque a cambiamenti nel funzionamento e nei
collegamenti tra aree cerebrali corticali e subcorticali.
La corteccia prefrontale
ventromediale e altre aree
prefrontali sono zone chiave per competenze quali la regolazione emotiva,
l’empatia, il ragionamento e il problem-solving. La corteccia prefrontale
ventromediale è anche coinvolta in un’ottica inibitoria per deattivare
l’amigdala in presenza di emozioni molto intense; in alcune condizioni
psichiatriche (ad esempio PTSD, sindromi ansiose) vi sarebbe una scarsa e non
sufficiente attivazione della corteccia prefrontale ventromediale che quindi
non è in grado di spegnere e inibire l’iperattivazione delle strutture limbiche
subcorticali, contribuendo a mantenere un’alta intensità e durata delle
emozioni negative.
La psicoterapia
offre dunque l’opportunità di riorganizzare flessibilmente la funzionalità e le
connessioni tra diverse aree cerebrali. Infatti la psicoterapia può essere un
potente contesto di apprendimento, riflessione e autoregolazione: apprendere
significa anche favorire nuove connessioni e riorganizzazione dei pattern di
attivazione neurale, a maggior ragione mentre si sta affrontando un lavoro
psicologico su se stessi entro una relazione terapeutica.
pubblicato da State of Mind, di Linda Confalonieri
Commenti
Posta un commento