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Cognitivismo

 Il cognitivismo concepisce la mente come un elaboratore di informazione con organizzazione di tipo sequenziale e con una capacità limitata di elaborazione. E’ una corrente di studio che concepisce la mente come un elaboratore di informazioni.

Una delle date più rappresentative per la nascita del cognitivismo è il 1956, quando in Massachusetts si tiene un simposio sulla teoria dell’informazione dove vengono illustrate le teorie di Miller, Simon e Chomsky, rispettivamente riguardanti la memoria a breve termine, il problem solving e il linguaggio.

La psicologia cognitiva si interessa ai vari processi cognitivi e infatti, oltre a quelli appena citati, altri campi di indagine sono: l’attenzione, il pensiero e la creatività. Processi che, secondo un’ottica comportamentista all’epoca in crisi, erano frutto di apprendimento, ma ai quali adesso viene riconosciuta un’autonomia strutturale e un’interdipendenza reciproca.

La mente è concepita dai cognitivisti come un elaboratore di informazione con una organizzazione di tipo sequenziale e con una capacità limitata di elaborazione.

La prospettiva cognitivista si diffonde presto anche nel campo della psicologia sociale e della psicopatologia tanto che si parlerà di rivoluzione cognitivistica.

Dal cognitivismo alla psicoterapia cognitiva

Con l’avvento del cognitivismo nasce e si sviluppa, negli Stati Uniti, la psicoterapia cognitivo comportamentale. Essa origina dall’evoluzione dal punto di vista teorico ed empirico delle terapie puramente comportamentali o behaviouriste, che iniziarono a nascere già negli anni cinquanta.

La psicoterapia cognitivo comportamentale ha almeno due padri fondatori: Albert Ellis e Aaron T. Beck.

Albert Ellis e la Rational Emotive Behaviour Therapy (REBT)

Albert Ellis, di formazione psicoanalitica, dopo alcuni anni di pratica psicoanalitica ortodossa, insoddisfatto dalla concezione psicoanalitica del funzionamento della mente umana e dai risultati poco efficaci ottenuti con i pazienti, fonda un nuovo approccio che inizialmente denomina “Rational Therapy”, e nel corso degli anni poi affinerà con il termine Rational Emotive Behaviour Therapy (REBT).

La Rational-Emotive Behaviour Therapy (REBT) è quindi una specifica teoria e prassi psicoterapeutica di impostazione cognitivo-comportamentale basata sul principio fondamentale secondo cui la sofferenza mentale deriva da credenze e valutazioni automatiche degli eventi (per es., “non deve/può succedere”, “non posso sopportarlo”, “sarà terribile”), che il soggetto si autoinfligge.

Sono quindi gli individui a strutturare, più o meno inconsapevolmente, i propri “disturbi emotivi”; d’altra parte, sono essi stessi a possedere la fondamentale capacità di modificare le proprie convinzioni e la propria “filosofia di vita”, oltre che il proprio comportamento, in modo da raggiungere una vita emotiva più soddisfacente.

Aaron T. Beck e la psicoterapia cognitiva standard

Tra la metà e la fine degli anni sessanta, appare in scena anche Aaron Beck, altro teorico riconosciuto come fondatore della terapia cognitivo comportamentale standard. Anch’esso in origine psicoanalista, si definisce “psicoterapeuta cognitivo” richiamando la famosa opera Cognitive Psychology di Neisser del 1967, manifesto appunto del cognitivismo.

Beck mette a punto un metodo che risulta essere efficace nel lavoro con pazienti depressi e ansiosi, osservando la relazione tra cognizioni (pensieri) – in quanto valutazioni soggettive di un determinato trigger emotigeno – emozioni e comportamenti. In altre parole, la stessa situazione può far scaturire emozioni differenti, in individui differenti o anche nello stesso individuo, a seconda del significato (interpretazione o valutazione cognitiva) che le viene attribuito. In tal senso le valutazione cognitiva dei trigger emotigeni sono soggettive e si possono paragonare a delle lenti attraverso cui noi guardiamo e in qualche misura costruiamo nella nostra mente la realtà. Dunque secondo il metodo cognitivo di Beck – prendendo le distanze dal concetto di inconscio psicoanalitico- è fondamentale diventare consapevoli delle proprie cognizioni coscienti (schemi cognitivi e pensieri automatici), dei fattori che le ingenerano e che le mantengono, portando a una condizione di malessere e sofferenza.

Cognitivismo, psicoterapia cognitivo comportamentale e futuri sviluppo

Oltre al contributo ortodossianamente Beckiano e alla terapia razionale di Albert Ellis, ricordiamo che nello stesso periodo a partire dagli anni cinquanta nel panorama scientifico e clinico cognitivo fioriscono altri modelli di terapia cognitiva, tra cui la teoria dei costrutti personali di Kelly, il modello costruttivista di Michael Mahoney, e in Italia il cognitivismo post-razionalista di Guidano.

Nel corso degli anni, a partire dai suoi albori, il panorama della psicoterapia cognitivo comportamentale si è arricchito e oggi è decisamente non riducibile alla sola terapia cognitiva standard nè alla REBT, in particolare in tempi recenti si è assistito alla nascita delle terapie di terza ondata: l’attenzione si è spostata dai contenuti ai processi mentali, dagli interventi concettuali a quelli meditativi ed esperienziali. Centrale diventa l’accettazione, che sta prevalendo sul paradigma precedente, che poneva al centro la conoscenza. La validazione emotiva ha svolto un ruolo intermedio, un interregno sentimentale tra la logica occidentale del comprendere che dominava un tempo e la nuova attitudine orientale dell’accettare e del non giudicare.






da State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

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