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Famiglie interrotte



Nella nostra società sono fortemente in aumento quei nuclei familiari che per le più svariate ragioni modificano il loro assetto e modo di coesistere, quelle che io amo definire “famiglie interrotte”. Le separazioni si concretizzano per innumerevoli cause: cambiamenti delle persone, convivenze forzate, matrimoni bianchi senza più affetto né corporeità, conflittualità indissolubili, contorti legami disfunzionali se non patologici, oltre alla sempre maggiore tendenza alla minor tolleranza. Gli adulti di frequente arrivano a tali scelte dopo innumerevoli tentativi di mediazione, di cui i figli spesso non sono consapevoli e chi maggiormente subisce le conseguenze di questi cambiamenti sono proprio loro che, a prescindere dall'età, vengono coinvolti loro malgrado in complessità familiari comunque molto più grandi di loro stessi. Lavorando anche in un settore come quello della tutela dei minori, da molti anni mi trovo a confrontarmi con nuclei in difficoltà, con i necessari bisogni di risposta dei bambini, con adulti troppo coinvolti nelle loro singole vicende da poter riuscire a percepire pienamente la difficoltà dei più piccoli a convivere all’interno di affetti “interrotti” . A volte nemmeno i tribunali, le regolamentazioni dei giudici riescono a fermare nei genitori divari irrimediabilmenti solcati, delusioni e reciproche rivendicazioni. Per i figli però gli affetti restano come interrotti, perché non esiste spiegazione plausibile che possa cambiare un’affettività per la coppia genitoriale che dentro, nel profondo, non può modificarsi, resta ideativamente unita, il legame la consaguinità resta unico al di là del tempo e del modificarsi degli eventi. Complesso a volte sedare incomprensioni e fuochi rabbiosi dei figli conseguenti alle separazioni, difficile per loro anche parlarne, per il timore che provano di “tradire” o disattendere ora uno ora l’altro genitore. Così come complesso “riaggiustare” gli affetti, provare ad aggiungere tasselli riparativi, o fare reinvestire i bambini quando arrivano nuove relazioni, che non possono comunque sostituire legami profondi quali quelli biologici. Molto spesso i genitori non sono pienamente consapevoli dello sforzo che rappresenta per i figli questa “accettazione” dell’altro/a, quanta difficoltà racchiude vedere nuovi compagni accanto al proprio padre o alla propria madre… imparare ad avere quattro nonni biologici e altri quattro acquisiti, più il resto delle famiglie estese… La pretesa degli adulti spesso è spropositata rispetto alle reali risorse e ai tempi di “metabolizzazione” dei figli, ovvero di interiorizzazione psichica di tali eventi, così emozionalmente complessi e confusivi. Si profilano così improvvise sfuriate e meccanismi di difesa, slanci e ritiri imprevisti, paure e bisogni che si rimescolano in famiglie che si giocano “a tratti”, ora con uno ora con l’altro, ora in una casa, ora in un’altra. Che risorse di adattamento richiedono tali complesse quotidianità?, che peraltro divengono proporzionalmente più “dure” quanto più i bambini sono piccoli… quali sforzi presuppongono? Al di là dei comprensibili vissuti ambivalenti, fortunatamente è congenito nei più piccoli avere racchiuse dentro capacità di adattamento alle avversità che fanno parte del bagaglio di cui anche i nostri avi erano dotati, sennò la specie non sarebbe sopravvissuta, che evidentemente attivano percorsi di riadattamento funzionalmente facilitanti, che solo a volte, quando davvero troppo complessi, possono divenire disfunzionali. Di certo non esiste età cronologica adeguata a “riparare” una “famiglia interrotta”, che psichicamente resta tale, così come non vi è meccanismo adattativo che impedisca di serbare “dentro” la fantasia, il desiderio profondo di ricomposizione-unità, che è anche unità psichica. E’ proprio questo aspetto, la sensazione di perdita dell’unità, che mette a maggior rischio i figli, che li fa sentire più insicuri, come minacciati, in balia degli eventi. Per i figli il concetto di famiglia resta quella nucleare, l’unica e nel profondo sola realtà affettivo socio-relazionale che hanno vissuto, che hanno avuto modo di sperimentare e a cui fanno riferimento, anche se poi ne possono condividere altre. Importante che i genitori abbiano questa consapevolezza, che non toglie possibilità anche ai figli di poter compartecipare alla creazione di nuovi legami relazionali più gratificanti, avendo però presente che rimarranno “altre” e che non potranno mai sostituirsi al nucleo originario che i figli hanno depositato dentro, che va comunque rispettato.

di M.Vittoria Biondi

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